
fondamenti teorici
Il Metodo Wa.R.M. nasce da un'intuizione semplice ma rivoluzionaria: le emozioni non sono rappresentante una risorsa fondamentale per l’apprendimento.
Negli ultimi decenni, le neuroscienze e la psicologia hanno messo in luce quanto emozione e cognizione siano strettamente intrecciate. Le emozioni guidano l’attenzione, influenzano la memoria, orientano le decisioni e modulano il comportamento. Comprendere questa interazione è il primo passo per costruire percorsi riabilitativi ed educativi davvero efficaci, centrati sulla persona.
In questa sezione esploriamo le radici scientifiche del Metodo Wa.R.M., dai contributi dei grandi studiosi fino alle più recenti teorie sul funzionamento della mente, della memoria e dell’apprendimento.
Un viaggio tra emozione, corpo e cervello, per comprendere perché il cuore, in fondo, è il primo alleato della mente.
Emozione…
Il termine “emozione” deriva dal latino e-movere, che significa “muovere fuori”. Le emozioni sono quindi spinte interiori che si manifestano all’esterno. Come afferma Daniel Goleman, esse sono “impulsi ad agire”, veri e propri piani d’azione evolutivi che ci aiutano a sopravvivere, discernere ciò che è sicuro da ciò che è pericoloso e costruire relazioni significative.
…e cognizione
Contrariamente a quanto si pensava in passato, oggi sappiamo che emozioni e processi cognitivi non sono in conflitto, ma si influenzano a vicenda. Le emozioni positive attivano aree cerebrali che facilitano attenzione, memoria e ragionamento. Goleman sottolinea che i centri emozionali sono connessi alla neocorteccia, influenzando direttamente le funzioni cognitive superiori.
Emozioni, memoria e decisioni: una rete integrata al servizio dell’apprendimento
Le emozioni non ostacolano il pensiero razionale, ma lo orientano e lo rendono più efficace: è questa la visione innovativa proposta dal neurobiologo Antonio Damasio con la sua celebre “ipotesi del marcatore somatico”.
Secondo Damasio, ogni volta che siamo di fronte a una scelta, il corpo reagisce prima ancora della mente, attivando segnali interni, i cosiddetti marcatori somatici, che ci indicano se una certa opzione è favorevole o da evitare. Questi segnali, che si manifestano come sensazioni fisiche (come un nodo allo stomaco o una sensazione di sollievo), sono legati a esperienze precedenti e influenzano attenzione, memoria e comportamento, contribuendo in modo decisivo al processo decisionale.
A questa visione si affianca quella di Lisa Feldman Barrett, secondo cui le emozioni non sono risposte innate, ma vere e proprie costruzioni cognitive modellate dall’esperienza: funzionano come “mappe” interiori che ci aiutano a leggere e prevedere il mondo.
Anche altri neuroscienziati, come Edelman e Frith, hanno confermato che i nostri sistemi neurali si modellano continuamente, creando mappe di valore che orientano i nostri comportamenti futuri.
È proprio la componente emotiva a rendere alcune esperienze più salienti e durature nella memoria: gli stimoli carichi di significato attivano aree cerebrali come l’amigdala e l’ippocampo, facilitando la memorizzazione a lungo termine.
Esperienze di apprendimento vissute con ansia o frustrazione tendono a essere memorizzate come eventi stressanti, limitando le capacità cognitive del paziente (LeDoux, 2015).
Al contrario, esperienze di apprendimento legate a emozioni positive come la gioia e il divertimento creano memorie funzionali e durature, facilitando il recupero delle informazioni e il consolidamento delle competenze (Fredrickson, 2001).
Anche la memoria implicita, quella legata alle sensazioni corporee e non sempre consapevole, gioca un ruolo centrale: come spiega Galanti, è la “memoria del sentire”, che si conserva nel corpo attraverso il tatto, l’olfatto, il gusto.
È grazie a questa memoria sensoriale che le esperienze emotivamente significative si imprimono profondamente, lasciando una traccia duratura nei circuiti neuronali.
Tutto ciò conferma che per imparare davvero, e per aiutare qualcuno a farlo, non basta coinvolgere la mente: serve anche parlare al cuore e al corpo.
La Warm Cognition: l'apprendimento che nasce dalle emozioni
A partire dagli anni 2000, la professoressa Daniela Lucangeli, docente di Psicologia dello sviluppo presso l'Università di Padova, ha introdotto il concetto di "Warm Cognition", un approccio che riconosce l'interconnessione tra emozione e cognizione nel processo di apprendimento .
Secondo questi studi, l’attivazione di circuiti neuronali legati alle emozioni positive favorisce una maggiore plasticità cerebrale e un apprendimento più efficace. Questo fenomeno è stato osservato anche nei contesti riabilitativi, dove la componente emotiva può influenzare la motivazione e la capacità del paziente di acquisire nuove competenze (Lucangeli et al., 2017).
L’approccio basata sulla “warm cognition” invita educatori, genitori e professionisti a creare ambienti di apprendimento che valorizzino le emozioni positive, promuovendo così un'educazione più empatica e centrata sul benessere dello studente..
Il Metodo Wa.R.M. si fonda su solide basi scientifiche: integrare emozione e cognizione nei percorsi riabilitativi significa non solo rispettare la natura umana, ma anche potenziarne le risorse.
In un ambiente accogliente e stimolante, le emozioni diventano alleate dell’apprendimento, trasformando ogni percorso terapeutico in un’esperienza significativa, personale e duratura.